Rinascita, fertilità, resurrezione: la primavera non è solo una stagione, è una struttura archetipica colma di significati millenari e ubiqui, spesso legati al mito della rigenerazione dopo il lungo inverno arido, con una natura nuovamente rigogliosa che torna ad essere madre benevola e non matrigna.
È proprio la natura, con il suo fascino e la sua capacità generativa, ad essere la protagonista indiscussa della stagione e gli artisti, in particolar modo i pittori, grazie allo spirito di osservazione e alla loro maestria, sono stati in grado di rappresentarla al meglio, lasciandoci dei capolavori che sono anche dei veri e propri cataloghi botanici.
Il quadro che meglio esprime l’idea di primavera, dei prati e dei fiori dai colori sgargianti, quello che subito ci viene in mente quando pensiamo alla stagione della rinascita e al Rinascimento, è sicuramente la Primavera di Sandro Botticelli, un’opera del 1482 conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, osservabile attraverso diversi livelli di lettura, sul piano storico, mitologico, filosofico ma anche botanico.
A chi, infatti, non balza subito agli occhi la florida vegetazione che non solo fa da sfondo all’opera, ma è essa stessa protagonista?
Solo nel 1984 il botanico Guido Moggi, allora direttore dell’Orto Botanico di Firenze e del Museo Botanico dell’ateneo fiorentino, riuscì a passare in rassegna i ben 500 esemplari di piante vere, immaginarie e stilizzate, presenti soprattutto sul lussureggiante prato, fioriture tipiche di questo particolare periodo dell’anno ad esclusione degli alberi da frutto.
Ai piedi della dea Venere al centro della scena troviamo una gran varietà di specie diverse. Alle sue spalle, invece, emerge un cespuglio di mirto, pianta a lei sacra, oggi utilizzata per produrre l’ottimo amaro ma anche per le sue proprietà balsamiche e antinfiammatorie.
Nel dipinto sono presenti tantissime rose: Flora, la personificazione della Primavera (sulla destra nel quadro), le porta in grembo e le sparge sul prato.
La rosa è essa stessa un simbolo primaverile ed era un fiore sacro a Venere, associato all’amore e alla bellezza così come nella nostra cultura contemporanea.
Ai suoi piedi possiamo notare anche un fiore di elleboro, la viperina azzurra (chiamata così perché forse antidoto al morso del serpente) e la camomilla, fiore oggi utilizzato per le sue proprietà sedative e rilassanti.
L’acconciatura e la veste di Flora, adorne di ulteriori meravigliose specie floreali, sono decorate con margherite, fiordalisi, fiori di fragola e probabilmente anemoni gialli. Solo sulla veste, Guido Moggi ha riconosciuto circa sessanta esemplari di fiori, anche se molto stilizzati, tra cui spiccano garofani, viole, fiordalisi.
Alla sinistra dell’opera, ai piedi delle tre Grazie, troviamo alcuni fiori, tra cui il profumatissimo gelsomino, alcuni nontiscordardimé (o myosotis), simbolo di memoria e ricordo, e ancora tre fiori di nigella, ulteriore simbolo amoroso noto sin da allora per le sue proprietà fitoterapiche.
Nell’angolo in basso a destra, abbiamo un bellissimo iris, il fiore noto come “giglio di Firenze”, che cresce spontaneo nelle campagne attorno al capoluogo toscano e che è rappresentato sullo stemma della città, oggi utilizzato soprattutto per le sue molteplici capacità curative.
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Questa è solo una breve lista delle diverse specie presenti nell’opera, tutte in fioritura in questo specifico periodo dell’anno, molte delle quali oggi utilizzate a scopi fitoterapici.
Botticelli aveva una conoscenza botanica sconfinata grazie ad un profondo studio del mondo vegetale e per questo la Primavera può essere considerata una sorta di erbario.